E’ in dirittura d’arrivo in parlamento la proposta di Legge nr. 3564 del 27 gennaio 2016 chiesta a gran voce dalla old economy per limitare e riequilibrare la concorrenza con i nuovi player come ad esempio AirBnB, Uber, BlaBlaCar.
Il nuovo modello di business minaccia di erodere quote importanti di mercato agli operatori tradizionali (albergatori, taxi, aziende di trasporto) che fino a ieri si sentivano tutelati per la presenza di barriere all’ingresso del mercato date sia da norme stringenti che dalla necessità di cospicui investimenti da parte di un nuovo temerario concorrente. L’insieme dei due fattori, pur non essendo insormontabile, concedeva a chi operava di avere il tempo di reagire e difendersi.
La lettura tradizionale identifica i nuovi operatori quali “concorrenti sleali” e date le premesse citate appare una conclusione sufficientemente fondata. Come evidenziato in altro post, il nuovo modello di business ha creato in pochi anni la più grande catena alberghiera del mondo (AirBnB) senza che essa abbia anche un solo albergo e la più grande catena di trasporto privato (Uber) senza possedere nemmeno un Taxi o un autorimessa.
I clienti, sotto la duplice e anonima figura di utilizzatori e prestatori di servizi, sfuggono alle normativa vigenti nel settore tradizionale e sopratutto al fisco.
Prima di entrare nel merito della nuova legge che ha già sollevato polemiche e proteste tra i rappresentanti dei vari interessi in campo è cercare di comprendere di cosa si stia parlando e come possa essere inquadrato secondo le categorie legali vigenti, o meglio, poniamoci la domanda: le attività dell’economia della condivisione possono essere inquadrate secondo le tradizionali categorie giuridico economiche?
In sintesi, il diritto di proprietà (art. 832 CC), di locazione (art. 1571 CC) o di comodato (art. 1803 CC) e le norme che ne regolano lo sfruttamento economico o lo scambio sono adeguate a rappresentare i fatti della nuova economia della condivisione?
Braudel ci ricorda che il capitalismo come lo conosciamo noi si è sviluppato dal XV secolo ai tempi nostri sfruttando la “distanza” tra i due poli essenziali del commercio, la produzione e il consumo.
Tra questi due poli si sono inseriti i commercianti (i grandi commercianti divenuti presto grandi capitalisti), unici a conoscere entrambi i poli e quindi in grado di gestire e valutare i margini conoscendo essi soli entrambi i prezzi. Il grande sviluppo avvenne con i mercati internazionali (nel piccolo paese medioevale i produttori e consumatori si conoscevano…) e il recente accorciamento della filiera per cui i produttori sono in grado di arrivare direttamente ai loro clienti è già una rivoluzione passata (pensiamo agli effetti dell’e-commerce sui commercianti in primis).
Oggi siamo in una fase successiva, descritta tempo fa da Rifkin come l’era dell’accesso,
dove non si diventa più “proprietari” , dominus, con diritto di vita o di morte, cedere e trasmettere ai propri eredi il diritto. Oggi essere proprietario di un oggetto non svolge più neanche la funzione simbolica sociale di identificare il ruolo sociale, ha perso l’esclusività dato che posso affittare per l’occasione il più simbolico dei beni senza aver minimamente necessità del corrispondente patrimonio, oggi basta avere le risorse richieste per sostenere il costo frazionato dell’accesso e le teorie di Veblen sul consumo vistoso tornano utili per capire cosa succede.
Nel feudalesimo il terreno del quale beneficiavano i sottoposti era concesso solo a titolo di “comodato“: essi ne erano possessori, ma non godevano della piena proprietà. Per questo alla loro morte il possesso ritornava al signore e non si tramandava agli eredi, lo schema non è dissimile da quello proposto dall’economia dell’accesso dove, preme ricordarlo, un altro elemento essenziale è l’intuitu personae definito oggi dalle recensioni e ieri dal vassallaggio.
Quali sono allora gli elementi che non hanno alcun riscontro con la storia passata?
Il primo che emerge sono i Big Data, mai si era potuto segmentare, codificare e sapere esattamente tutto quanto succede nel percorso dal produttore al venditore, nulla più sfugge. Il commerciante risulta ridimensionato ad un ruolo inferiore persino al semplice commesso e chi possiede i dati (chi?) è in grado di “gestire” anche i produttori.
Le informazioni sono ora diventate merce, persino più merce delle merci stesse e con effetti sociali e sul nostro agire tutti da valutare e Morozov ci dà un saggio di quali siano i problemi “politici” che l’approccio positivista ai Big Data comporta gia oggi
e per completare il quadro è utile leggere Eli Pariser
che svela le funzioni degli algorittimi e la “bolla” nella quale veniamo avvolti.
Fine della centralità della proprietà privata intesa come obbiettivo del consumatore, mercificazione dei dati personali, fissazione dell’agire umano in un perenne presente, ricerca e creazione di nuovi mercati in un mondo finito… questi alcuni dei temi da approfondire prima di entrare nel merito di una legge che regolamenti il settore, il fisco e i diritti del consumatore …
(Fine 1a puntata)